Capoeira

COS’E’ LA CAPOEIRA

Un brano tratto dalla tesi di Greg Downey
(Incorporating Capoeira: phenomenology of a movement discipline, Chicago: University of Chicago. 1998)
che esemplifica alcuni aspetti di una roda di capoeira.

Il richiamo a giocare capoeira è l’inconfondibile suono dell’arco musicale, il berimbau, che comanda la roda, il cerchio della capoeira. Il musicista principale batte sulla corda d’acciaio per indicare il ritmo ed il tempo all’orchestra che dirige la roda ed ai giocatori che vi entreranno.

Quando il mestre che suona il berimbau ha stabilito il ritmo, si uniscono a lui altri suonatori: suonano altri berimbau, pandeiros , e a volte altri strumenti a percussione. I capoeristi formano con i loro corpi un cerchio attorno alla roda. Il toque che il mestre ha scelto determina il tipo di gioco: il toque Angola, ad esempio, stabilisce un andamento lento per un gioco “interno”, il tipo di gioco che è spesso usato per cominciare, in cui i capoeristi rimangono molto vicini tra loro, giocando lentamente ed usando posture molto basse. Altri ritmi richiedono altri stili di gioco, più rapidi o più lenti, più aggressivi, ecc…

Per ora i giocatori attendono. I due che per primi entreranno nella roda si accucciano davanti al berimbau, “ai piedi del berimbau”, le loro teste abbassate, appoggiati sui talloni, sempre tenendosi sotto controllo con la coda dell’occhio.

Per cominciare a cantare, il mestre urla le prime sillabe della ladainha: ”Iê!”. Canta una famosa canzone su Salvador, Bahia, culla della capoeira, elencando punti importanti della città, luoghi turistici, nomi di chiese famose, posti dove una volta si tenevano rodas in concomitanza a feste religiose. La canzone è densa di riferimenti storici, poiché ogni luogo che nomina si riferisce a storie che riguardano capoeristi della prima parte del secolo, prima che la capoeira fosse praticata con sicurezza nelle accademie. I capoeristi sono ben consapevoli che la pratica era una volta proibita dalla legge e perseguita da una speciale forza di polizia a cavallo istituita negli anni ’20 a Salvador per reprimere i raduni di afro-brasiliani.

Dopo la ladainha d’apertura, il mestre porta la roda ad unirsi in un canto “botta e risposta”. Canta ”viva meu Deus!”, ed il gruppo risponde in coro mentre qualcuno china la testa, alza le mani a Dio. Il cantante rende omaggio al suo mestre per avergli insegnato l’ingannevolezza della capoeira, “l’arte della falsità”. Ed i suoi studenti analogamente lo ringraziano per quello che ha insegnato loro. Poi il mestre richiama i giocatori al gioco: “E’ ora, è ora”, “Andiamo”, “Fuori nel mondo…”.

I due capoeristi in attesa gesticolano come se si offrissero reciprocamente il pavimento, modelli di diplomazia e di buone maniere. Toccano il terreno e si fanno il segno della croce, sussurrando preghiere (un maestro mi ha detto che chiede sempre “sicurezza per entrambi, vittoria per me”). E si preparano per giocare. Anche se i giocatori raramente esitano, viene loro ricordato di stare attenti, dei capoeristi sono morti nella roda, per tradimento, rabbia o sfortuna.

Infine l’atmosfera cambia. Il mestre canta le prime frasi di una canzone conosciuta, e tutta la roda risponde in coro. I corridos, canzoni che accompagnano il gioco, indicano che è arrivato il momento di giocare capoeira, un misto di danza, sport, arte marziale e combattimento. Guidati dal ritmo della musica e dall’energia del canto, i giocatori cominciano lentamente a mettersi alla prova per comprendere le rispettive intenzioni e capacità. Si appoggiano sulle loro mani ed entrano nella roda, sostenendo il peso del loro corpo sulle braccia. Uno di loro fa perno su di una gamba stendendo l’altra in un lento rabo de arraia, un calcio chiamato “coda di manta”. Facendo “camminare” pazientemente le mani attorno al piede che rimane a terra e dirigendo la propria gamba verso il suo avversario. L’altro giocatore si avvicina ancor di più a terra accompagnando la direzione del calcio. Il tallone della gamba che attacca passa vicino al bersaglio che si gira per liberare la sua gamba e contrattaccare.

Gli “attacchi” sembrano essere più sottintesi che reali, ed i giocatori manovrano più per ottenere una posizione di controllo, che per colpirsi. La maggior parte degli attacchi avvengono vicino all’altro giocatore costringendolo a muoversi ed a rispondere con un contrattacco. Fra i due si sviluppa una specie di conversazione corporea che è al tempo stesso cooperativa e competitiva. Soltanto le mani, la testa ed i piedi toccano il terreno. Il gioco sembra coreografato, tanto fluidamente l’attacco, il contrattacco ed il contro-contrattacco si compenetrano. Anche se i due giocatori arrivano spesso a sfiorarsi, lo scambio è completamente improvvisato. I primi movimenti del gioco sono ingannevolmente lenti ma sono comunque una competizione tanto quanto gli scambi più rapidi e più violenti che seguiranno.

Per il momento il gioco si sviluppa vicino al pavimento con le braccia e la testa che servono quanto le gambe a sostenere i giocatori attraverso improbabili verticali, ponti, ruote ed altri movimenti per i quali non esiste nome. I principi fondamentali della capoeira sono espressi in forma pura nel movimento: i giocatori cercano di controllare lo spazio, di guadagnare la misura, di rendere impossibile il movimento dell’altro giocatore e di anticipare le azioni dell’opponente. Un capoerista non dovrebbe resistere o affrontare un attacco con la forza ma dovrebbe invece piegarsi e scivolare all’interno o sotto e poi contrattaccare con le gambe o la testa.

Quando il ritmo cambia, i giocatori hanno già iniziato ad aprire il gioco, muovendosi più rapidamente, inciampando, piroettando su assi inclinati, con gambe che all’improvviso guizzano in calci da angoli inaspettati. I capoeristi sembrano fuori equilibrio, accennano un sorriso, con gli occhi che vagano con un disinteresse studiato ed ingannevole che nasconde una concentrazione totale. I giocatori tentano di far cadere l’altro o attendono di trovare il momento in cui l’altro sia più vulnerabile, piuttosto che tentare molte tecniche senza successo.

Mentre la roda percepisce l’energia crescente, i musicisti si sporgono e li incitano dando forza alla danza con l’energia del suono. I giocatori danzano e giocano, i loro movimenti obbediscono sia ad impulsi estetici sia alla necessità di evitare di essere buttati a terra, colpiti con calci o testate.

Ad un certo punto, un giocatore, incautamente fa una ruota sopra quella che pare una rasteira, una spazzata di gamba, ma la rasteira è una finta per nascondere una cabeçada, una testata che colpisce lo stomaco esposto della vittima a testa in giù, le cui gambe si richiudono per difendere lo stomaco quando è ormai troppo tardi. La cabeçada manda il bersaglio a rotolare scoordinato mentre gli spettatori sorridono e ridono. Il tempismo è stato perfetto, la cabeçada è stata piazzata proprio in un’“apertura” che la vittima ha offerto. Colui che ha colpito si allontana dando le spalle al giocatore sfortunato che solo ora sta rimettendosi in piedi. Il giocatore che ha il vantaggio solleva le braccia tenendole stese ai lati in una chamada, una chiamata che invita l’altro ad avvicinarsi, una specie di test per verificare se sia ancora in grado di giocare. Il ghigno del capoerista in piedi sfida il suo compare che sta già dirigendosi ai piedi del berimbau. Qui, si accuccia nuovamente, sopportando di buon grado un’altra risata collettiva mentre il mestre canta ad alta voce “Quando passo voglio vederti cadere!”. Alzando il volto al cielo, gli occhi ancora fissi sull’avversario che sta dondolando nella chiamata, si prepara a ricominciare il gioco. Ascolta per un momento la musica, sembra sussurrare una preghiera silenziosa, e sorride, il gioco non è ancora terminato.

I commenti sono disattivati