Cenni storici

di Federico Nicolis Preto

Parlare delle origini della capoeira significa avventurarsi in un vespaio per poi scoprire che le vespe non danno miele. Ciononostante la storia che una comunità racconta di sé è importante non perché vera, ma per lo sfondo mitico che dà alle azioni della comunità stessa.

 

 

Una delle schematizzazioni più frequenti dell’evoluzione della capoeira è quella che segue. Non è chiaramente soddisfacente ma, essendo un’a delle predominanti nella cultura orale dei capoeristi, ci muoveremo da qui:

  • la capoeira nasce durante la schiavitù, nelle piantagioni
  • la capoeira si sviluppa – dopo l’abolizione della schiavitù nelle città, dove gli ex-schiavi vivono nella marginalità e nell’illegalità
  • dopo il 1930 la capoeira cessa di essere illegale (per diventare anzi uno dei simboli dell’orgoglio nazionale brasiliano) ed inizia la cosiddetta epoca delle accademie.

 

Schiavitù

Gli schiavi africani furono spesso gestiti dai padroni brasiliani con un approccio distruttivo nei confronti delle loro culture d’origine; venivano spesso divisi dai compagni di tribù e costretti a convivere con individui di etnie diverse se non nemiche. La tradizione vorrebbe, dunque, che culture inconciliabili nel continente d’origine abbiano potuto unire le loro conoscenze, creando una lotta e mascherandola ai padroni sotto forma di danza.

E’ importante notare che la prima descrizione di capoeira è del 1824 e descrive un gioco guerriero che manca però dell’attributo che a noi interessa: l’interazione con la musica1.

 

Dopo il 1830, inoltre, anche le danze furono proibite: non sarebbero state quindi di nessuna utilità nell’occultare una lotta.

Se questa genesi è poco attendibile, è d’altra parte fondamentale per l’estetica dell’inganno che tanto caratterizza la capoeira: come gli schiavi nascondevano ai padroni le loro vere capacità danzando, così fa il capoerista nella roda e nella vita. Altrettanto fondamentale dal punto di vista simbolico è il quilombo2 di Palmares, che resistette per quasi un secolo alle offensive di portoghesi ed olandesi, ed il suo re Zumbi che morì nella sua difesa3. Questi sono diventati dei simboli della comunità nera4 e, di conseguenza dei capoeristi più tradizionali. Secondo alcuni la capoeira sarebbe nata proprio a Palmares, dall’unione della cultura africana con quella india.

 

Marginalità

L’abolizione della schiavitù avvenne nel 1888, e gli ex-schiavi non riuscirono a trovare uno spazio nella società, vivendo ai margini di questa e della legalità. In realtà schiavi “cittadini” ed ex-schiavi avevano già gettato nel terrore Rio de Janeiro nella prima metà del XIX secolo, creando vere e proprie gangs (chiamate maltas) e rendendosi tristemente noti per l’abilità con il rasoio ed il coltello, al punto che nel 1821, la Comissão Militar de Rio de Janeiro scriveva al ministero della guerra riconoscendo la necessità urgente che i negri capoeira fossero puniti pubblicamente e perentoriamente.

Le maltas furono anche molto utilizzate per creare disordini, al soldo dei candidati, in periodo elettorale.

I capoeristi in questo periodo assumono un’immagine piuttosto romantica; alcuni, come il Manduca da Praia, processato 27 volte e mai condannato, erano famosi per la loro eleganza e spietatezza.

A Rio, la capoeira non fu prerogativa della popolazione nera: si hanno molte tracce di capoeristi europei e, soprattutto, di uno scambio “culturale” tra capoeristi e fadisti portoghesi, anch’essi ai margini della legalità, esperti nell’uso del coltello e del violão5. Ancora non vi è però traccia del rapporto lotta/danza. In ogni caso all’inizio del XX secolo la capoeira carioca6 era praticamente estinta7.

A Bahia le cose andarono diversamente. La parola capoeira quasi non compare negli atti dei tribunali, e solo leggendo gli atti con attenzione, come ci comunica il ricercatore Frederico Josè de Abreu, si può intuire che i gesti degli imputati sono gesti da capoerista. Non vi fu comunque nessun fenomeno paragonabile a quello delle maltas.

E’ possibile che a Bahia il forte legame della capoeira con il candomblé8 abbia sacralizzato e salvaguardato la pratica. Comunque, alla fine del secolo scorso, anche nello stato di Bahia la capoeira era proibita.

Nella città di Salvador, il luogo che più è legato storicamente alla capoeira è il porto. Marinaio, facchino e stivatore sono le professioni dei primi capoeristi di cui abbiamo qualche notizia.

E non sarebbe fuori luogo ipotizzare che la capoeira come oggi la conosciamo abbia mosso i primi passi tra le feste popolari ed i momenti di riposo dei lavoratori portuali. Il porto è luogo di scambio non solo di merci, ma anche di culture, e sarebbe per esempio interessante scoprire i legami della capoeira con il savate9, la lotta dei portuali marsigliesi, che prima di diventare uno sport presentava alcune tecniche notevolmente simili.

La capoeira, a pensarci bene, trova nell’ambiente del porto di Salvador tutti i suoi elementi: una comunità dedita a lavori che richiedono grande forza fisica, immersa nella musica e nel ritmo, costretta a sviluppare capacità marziali a causa dell’ambiente violento. Non sembrerebbe strano che una comunità del genere in occasione delle feste sviluppasse una forma ludica che la rappresentasse.

Il personaggio più noto di quest’epoca – si potrebbe dire il simbolo – è il leggendario Besouro Mangangá. Invincibile capoerista, terrore della polizia, doveva il suo nome (besouro vuol dire cervo volante) alla capacità che gli si attribuiva di trasformarsi in insetto per sfuggire alle forze dell’ordine. Si diceva anche che avesse il “corpo chiuso” (corpo fechado) grazie ad alcuni rituali, che fosse cioè invulnerabile a tutto se non ad un pugnale fatto con un osso di morto, arma con la quale fu puntualmente ucciso.

 

Accademie

Nel 1934 Getulio Vargas, allora presidente della Repubblica, legalizzò varie espressioni culturali afro-brasiliane fino ad allora proibite, come il candomblé e la capoeira, a condizione che fossero praticate in luoghi chiusi. Questa era chiaramente una mossa per mettere sotto controllo ciò che di fatto avveniva in clandestinità. E’ indubbio però che, se questo evento costrinse la capoeira a venire a patti con il potere, le consentì anche un’espansione senza precedenti.

In realtà Manoel dos Reis Machado, mestre Bimba10(1900-1974), già stava dando lezioni regolarmente almeno dal 1928; questo maestro sarebbe passato alla storia anche solo per essere stato il primo capoerista ad esibirsi davanti ad un presidente della Repubblica (nel ’57, il presidente era Getulio Vargas)11, ma la sua entrata in scena ebbe delle conseguenze assolutamente imprevedibili per tutta la capoeira.

Bimba chiamò la sua scuola Escola de Luta Regional Bahiana12, ed anche quando usò in seguito il termine capoeira, sempre volle distinguere la sua disciplina da quella che lui chiamava “capuera pra turista ver”13che aveva a suo avviso perso tutte le caratteristiche marziali. Per dimostrare questa tesi, non usò certo sottigliezze, ma prese ad irrompere nelle rodas altrui con fare piuttosto aggressivo.

Sostenne inoltre innumerevoli incontri su ring, contro capoeristi e praticanti di altre arti marziali, uscendone sempre vincitore14

Bimba fu il primo a creare un metodo d’insegnamento, fu il primo ad attirare la classe medio-alta bianca e ad ottenere dei riconoscimenti ufficiali; questo portò i rimanenti praticanti a coalizzarsi, facendosi alfieri della capoeira “tradizionale” che mestre Bimba stava inquinando. Questa coalizzazione avvenne attorno a Vicente Ferreira Pastinha, mestre Pastinha (1889-1981). La definizione di ciò che era Angola avvenne un po’ per contrasto: se nella capoeira Regional vi era una forte componente di praticanti bianchi, fu esaltata l’africanità; se Bimba prediligeva ed insegnava un gioco piuttosto alto e rapido, si estremizzarono lentezza e bassezza. Soprattutto in periferia invece continuarono ad esistere infinite varietà di capoeira tradizionale, più o meno marziali, più o meno rapide…

E’ interessante notare come alcuni angoleiri della periferia di Salvador (Mestre Nô, ad esempio), ritengano le critiche di Bimba all’Angola assolutamente giustificate se ci si limita ad osservare la capoeira del centro di Salvador, orientata principalmente all’esibizione, ma assolutamente non sostenibili rispetto all’Angola praticata negli altri quartieri, molto più dura e meno preoccupata dell’approvazione degli spettatori esterni15.

Nella storia più recente la capoeira esce da Salvador, per approdare nelle grandi città: São Paulo e Rio de Janeiro.

Qui la capoeira si costituisce in gruppi16, federazioni, diventa sport, diventa arte marziale, diventa moda. Si creano così i presupposti per l’esportazione17 di quello che, ormai da tempo non è più un simbolo del Brasile africano, ma del Brasile meticcio.

La capoeira del Sud del Brasile quasi cancellò quella Bahiana, portando le sue concezioni ed i suoi metodi più “avanzati” anche nella terra d’origine, al punto che, alla fine degli anni ’70, la capoeira Angola ha rischiato l’estinzione18.

Ad invertire la tendenza è stata l’iniziativa di alcuni mestres tradizionali fra i quali per ovvi motivi di campanile citeremo Mestre Nô, che nel 1979 fonda il gruppo Capoeira Angola Palmares, questo gruppo riveste una particolare importanza non solo per aver offerto resistenza culturale, ma per la maniera in cui l’ha fatto, a differenza di altri gruppi tradizionali che si sono chiusi sui loro rituali ed hanno rifiutato il confronto con le scuole che non seguivano alla lettera i loro canoni, il Gruppo Palmares è sempre stato molto aperto ed ha sempre promosso rode aperte dove i vari stili potessero incontrarsi.

 


Note:
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1 “I negri hanno ancora un altro passatempo guerriero, molto più violento, la capoeira: due campioni si precipitano uno contro l’altro, cercando di colpire con la testa nel petto dell’avversario che desiderano buttare a terra. Si evita l’attacco con salti di lato e parate ugualmente abili; ma, lanciandosi uno contro l’altro, più o meno come buoi, capita che si scontrino violentemente testa contro testa, il che fa si che il gioco non di rado degeneri in rissa, e che i coltelli entrino sulla scena, insanguinandola” (Rugendas, “Voyage Pittoresque et Historique dans le Brèsil”, Engelman et Cie., Paris, 1824).

2 comunità di schiavi fuggiti ed indios.

3 Spesso si è voluto guardare a Palmares come al luogo dove gli ex-schiavi avrebbero potuto unire le loro conoscenze e dare vita alla capoeira.

4 Quando ho chiesto a Mestre Nô se ha chiamato il suo gruppo “Palmares” in quanto credeva alla teoria per la quale la capoeira sarebbe nata lì, mi ha risposto che non ne aveva idea, ma che per lui Palmares era un simbolo di libertà.

5 Chitarra.

6 Carioca: di Rio de Janeiro.

7 Mestre Artur Emidio, capoerista bahiano, ci assicura che quando negli anni ‘60 andò ad insegnare a Rio, vi era un solo maestro, Sinhozinho, che, peraltro insegnava una capoeira esclusivamente marziale, senza musica. Sinhozinho è noto per le vittorie conseguite da alcuni suoi allievi affrontando alunni di Mestre Bimba.

8 Il candomblé è una religione sincretica creata dagli schiavi africani in Brasile identificando le loro divinità (orixás) con i santi della religione cattolica, in modo da far sopravvivere i loro culti, mascherandoli, durante la schiavitù. Il candomblé è stato soggetto a persecuzioni come tutte le espressioni della cultura afro-brasiliana. Questa sorte comune ha fatto si che spesso candomblé e capoeira condividessero gli stessi spazi.

9 In realtà la lotta marsiglese si chiamava chausson. Il savate è una codificazione relativamente recente.

10 Mestre Bimba, deve questo soprannome ad una scommessa dei parenti riguardante il suo sesso, al momento della nascita: in bahiano, infatti, bimba è un modo affettuoso di dire “pene”.

11 In quella occasione Vargas dichiarò che la capoeira era l’unico sport davvero brasiliano. I rapporti di Bimba con il potere e con la dittatura, sono piuttosto interessanti, anche se non è questo il luogo per discuterli.

12 Scuola di lotta Regionale bahiana. D’ora in poi la chiameremo, come è d’uso, capoeira Regional o solo Regional

13 Capoeira fatta a beneficio dei turisti.

14 Vedi Abreu 1999.

15 Mestre Nô dice che la capoeira Regional si riduce solo alla parte più semplice dell’Angola, cioè la parte marziale “Imparare a far male, son capaci tutti”

16 Per gruppo intendiamo un’insieme di scuole che fanno riferimento ad uno stesso maestro, anche se non è questi ad insegnare direttamente. Di alcuni gruppi parleremo più specificamente in seguito.

17 Uno degli slogan della ditta Ginga Original, relativa al gruppo Sâo Bento Grande di Sao Paulo, è appunto “Capoeira Sport Exportação”.

18 La capoeira di Rio era, sostanzialmente, una prosecuzione logica delle tendenze insite nella ricerca di efficienza della capoeira Regional, questo stile quindi non scomparì ma si adattò, anche a Bahia. Se la capoeira Angola, anche rischiando di sparire, ha mantenuto una sua, seppur discutibile, integrità, la Regional, la cui ortodossia è molto più facilmente definibile, ha oggi pochissime scuole “tradizionali”

 

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