STRUMENTI MUSICALI

Gli strumenti musicali utilizzati nella capoeira sono pochi e semplici; ad esclusione del berimbau, tutti gli altri si ritrovano oggi in altre tradizioni afro-brasiliane. Prendiamoli in esame.

Il Berimbau

Lo strumento simbolo della capoeira è senz’altro il berimbau, un arco musicale che, in Brasile, troviamo associato quasi esclusivamente a quest’arte. Camara Cascudo (1961) ci dice che all’inizio del secolo il berimbau era sconosciuto al di fuori dello stato di Bahia; questo dato, unito al fatto che la capoeira era scomparsa negli altri stati (dove non veniva praticata con l’ausilio della musica) ci porta a sottolineare, con Kay Shaffer (1977), che questi due simboli della brasilianità sono sopravvissuti solo grazie ad una simbiosi.

Il berimbau de barriga1 è costituito da un’asta di legno flessibile a cui viene data forma arcuata dalla tensione di un filo d’acciaio fissato alle due estremità e ha come cassa di risonanza una zucca legata alla parte inferiore dell’arco. Il berimbau è tenuto in equilibrio sul mignolo della mano “debole”, che è collocato sotto il laccio che lega la zucca. E’ suonato con la moeda (moneta) o con la pedra (pietra) tenuta tra il pollice e l’indice della mano che lo sostiene ed una bacchetta di legno (vaqueta) nell’altra mano, che di frequente impugna anche un sonaglio (caxixi).

Il legno più utilizzato per il corpo del berimbau è chiamato biriba2. Tradizionalmente viene colto nei giorni che seguono il plenilunio, in quanto si crede suoni meglio (alcuni capoeristi positivisti mi hanno spiegato il fatto correlandolo a quello che la luna fa con le maree, altererebbe in questo caso la quantità d’acqua contenuta nella pianta). La misura del corpo può variare: Kay Shaffer, nel ’77, scriveva che i berimbau da lui visti non superavano 120 cm di lunghezza3 (sette palmi4 di mano era la misura tradizionale), ma nella mia esperienza ho quasi sempre trovato berimbau di una lunghezza compresa tra 150 e 160 cm (cosa curiosa è che la misura continua ad essere considerata di sette palmi). Il legno essiccato viene privato della corteccia e spesso verniciato per proteggerlo e/o per abbellirlo.

Quella che sarà la parte inferiore dello strumento viene appuntita, oppure vi si fa una scanalatura affinché si possa fissare il filo d’acciaio con un’asola; anche se oggi la punta è utilizzata solamente dai più rigorosi praticanti di capoeira Regional, sembra essere la soluzione più antica; spesso mi è stato raccontato come questa punta fosse utilizzata dai vecchi capoeristi come arma contro la polizia. Mestre Nenel, figlio di Bimba, trova l’adozione della scanalatura un chiaro motivo di descaracterizaçao da parte degli angoleiri, dai quali quindi non accetta critiche per le rivoluzioni che suo padre operò nella capoeira. Meno problematica culturalmente l’estremità superiore dello strumento, dove viene inchiodato un piccolo tondino di cuoio sul quale si fa scorrere il filo, per tendere lo strumento, senza che il legno si crepi.

Il filo d’acciaio (arame) è ancora oggi estratto con un coltello dall’interno dei pneumatici e pulito, anche se alcuni capoeristi si rivolgono al ferramenta e lo comprano in rocchetti. Come già detto, ad un’estremità del filo viene fatta un’asola per incastrarlo nella scanalatura/punta, dall’altra parte viene legato un cordoncino che viene impugnato per tendere il filo, e poi legato all’asta.

La grandezza della zucca (cabaça) è ciò che in genere determina schematicamente la famiglia di berimbau a cui uno strumento appartiene, in verità una suddivisione più precisa è data dall’altezza del suono. Generalmente si distinguono tre berimbau che possono avere diversi nomi: nella nostra scuola si dividono in Berra-boi (il più grave), viola e violinha (il più acuto), in altre scuole la distinzione è fra gunga (il più grave), médio e viola (il più acuto), che nella capoeira Angola hanno spesso ruoli precisi e differenziati. Mestre Nô ci dice che un tempo “gunga” era usato come nome generale al posto di berimbau e che le dimensioni erano grandi per tutti e tre (solo l’accordatura cambiava), i nomi da lui usati per i tre strumenti sono:berra-boi, viola, violinha. La cabaça va seccata, poi vi si pratica un’apertura circolare e se ne pulisce l’interno dai semi. L’ampiezza dell’apertura è un fattore critico nella costruzione di un berimbau poiché andrà ad influenzare in maniera determinante il timbro ed il volume dello strumento. Nel fondo della cabaça vengono praticati due piccoli fori dentro i quali viene fatta passare una cordicella che, annodata, va a formare un anello. Questo anello viene infilato nell’arco già teso da sotto, in modo che la zucca sia a contatto col legno e la cordicella con l’arame. Tutti i capoeristi interpellati mi hanno detto che la cabaça va posizionata ad una spanna dall’inizio del filo. Questa regola in genere viene seguita solo formalmente: tutti misurano una spanna, ma poi quasi sempre aggiustano ad orecchio.

Ogni suonatore ha delle preferenze per quanto riguarda le regolazioni del suo berimbau, alcuni suonano con l’arame poco teso e quindi con un suono un po’ “slabbrato”, altri inarcano molto lo strumento ottenendo un suono più squillante.

Nei casi in cui in un’orquestra vi sia più di un berimbau, l’approccio all’accordatura può variare consistentemente: in alcune situazioni viene completamente ignorata la questione, e ciascun berimbau viene “armato” (questo il verbo usato) affinché abbia il miglior timbro possibile indipendentemente dagli altri, in altre situazioni vengono accordati tra di loro all’unisono, per terze o per quinte e viene rifiutato un berimbau che non si adegui all’intonazione prescelta. In molte accademie i berimbau sono fatti dalla stessa persona e con le stesse misure, tendono quindi ad avere la stessa nota di base, della quale, a seconda della dimensione e foggia della cabaça, viene evidenziato questo o quell’armonico.


Il caxixi, il sonaglio, è un cestino di vimini intrecciati che ha come base un disco di zucca di circa 8 cm (generalmente la parte centrale del disco che viene tolto dalla cabaça) che contiene al suo interno semi o piccole conchiglie ed è chiuso da un anello di vimini nella parte superiore. L’anello viene infilato in due dita della mano che percuote il berimbau (quasi sempre medio e anulare, più raramente anulare e mignolo). Il caxixi suona ogni volta che la vaqueta percuote l’arame, ma in alcuni ritmi (come l’Angola di alcuni gruppi), viene usato anche separatamente.

La vaqueta è una sottile asticella di legno (può essere biriba o bambù) la cui lunghezza può variare tra i 30 ed i 40 cm, con la quale si percuote la corda.

La pedra5 viene usata per alterare la lunghezza della corda messa in vibrazione e, di conseguenza, la nota prodotta dal berimbau. Un tempo si utilizzavano pesanti monete di rame adesso fuori corso, ora vengono prodotti appositamente dei dischi di rame o di altri metalli. In alternativa si usano sassi piatti e tondi.

I suoni ottenibili da un berimbau sono molteplici e, di recente, musicisti (non capoeristi) come Naná Vasconcelos ne hanno enormemente ampliato le possibilità timbriche. Prendiamo ad ogni modo in esame i suoni normalmente prodotti nel suo utilizzo tradizionale.

Percuotendo con la bacchetta la corda, grazie all’interazione della pedra possiamo ottenere tre suoni fondamentali:

Suono grave, quando la pedra non tocca la corda, lasciandola vibrare in tutta la sua lunghezza

Suono acuto, quando la pedra preme sulla corda, accorciando la sezione che vibra

Suono indeterminato, quando la pedra esercita una pressione limitata sulla corda, impedendole di vibrare, dando un caratteristico ronzio.

Altri suoni utilizzati sono quelli di legato, che si ottengono percuotendo la corda vuota e, con questa in vibrazione, facendo pressione con la pedra, per ottenere sia il suono acuto che quello indeterminato.

J. Lowell Lewis costruisce una bizzarra teoria semiotica (su tonalità sospesa tra maggiore e minore) a partire dal presupposto che in tutti i berimbau che ha provato l’intervallo tra nota grave e nota acuta è sempre inferiore, seppur di poco, ad un tono (1992:154). Quello che sostiene sarebbe interessante se non si tenesse conto che l’intervallo tra i due suoni dipende oltre che dalla lunghezza della corda, dalla dimensione delle mani di chi suona. La distanza tra i due suoni è effettivamente attorno al tono, ma è possibile che capoeristi dal mignolo lungo risultino addirittura crescenti rispetto a questo intervallo in quanto la pedra va a toccare più in alto.

I suoni descritti sopra possono essere “aperti” o “chiusi” a seconda della distanza della cabaça dallo stomaco. L’avvicinamento e l’allontanamento di questa è utilizzato per ottenere effetti wah-wah.

Esagerare l’importanza del berimbau nella capoeira sarebbe impossibile. I maestri sono unanimi nel considerarlo condizione necessaria affinché una roda abbia luogo.

La funzione del berimbau non è di mero accompagnamento ritmico. In primo luogo chi suona il berimbau è generalmente chi dirige la roda, chi cioè detta i ritmi, intona le canzoni, avvicenda i giocatori. Per questo, generalmente questo “titolo” spetta al capoerista più anziano o al più prestigioso presente, ed è spesso causa di velate ma pesanti “guerre” di prestigio.

E’ frequente il riferimento al berimbau quale maestro più importante per un capoerista.

La presenza o meno del berimbau dà svolte drammatiche all’essenza della capoeira: se mestre Bimba dichiarava impossibile apprendere la capoeira senza berimbau, lo rifiutava nettamente nelle situazioni di lotta su ring6.

Il Pandeiro

Il pandeiro è un tamburello con dischi tintinnanti analogo a quelli che troviamo anche nell’Italia centro-meridionale. Tradizionalmente è di legno, i dischi di latta e la pelle (bovina o di serpente) è inchiodata. Oggi si usano frequentemente i pandeiros industriali, con la struttura di legno o di plastica, i dischetti di metallo e la pelle (o bovina o sintetica) tenuta da tiranti che ne consentono la regolazione.

Il tamburello, in Brasile, è utilizzato in moltissimi stili musicali, inclusi il samba ed il pagode (una sorta di deriva pop del samba), e la sua tecnica è molto sviluppata.

Il suono può essere prodotto col pollice, con le punte di indice, medio ed anulare unite e con la parte bassa del palmo (dove la mano si unisce al polso). E’ frequente l’utilizzo di un effetto ottenuto strisciando un dito sulla pelle, mettendo in vibrazione i sonagli. Nel disco di mestre Bimba il pandeiro è privo dei dischetti, e nell’accademia di mestre Bamba (capoeristicamente discendente da Bimba) ancora oggi i dischetti di metallo vengono tolti. Nella capoeira il ruolo del pandeiro (come di tutti gli strumenti, berimbau escluso) è di semplice supporto, ragion per cui il suo utilizzo è molto elementare. A parte alcune rarissime eccezioni il suo ritmo non varia al variare dei toques7. In alcune scuole è severamente proibita ogni deviazione dal ritmo standard, che però differisce a seconda della tradizione a cui fa riferimento.

L’Atabaque

E’ un tamburo analogo alla conga cubana, ma dalla forma più allungata. La pelle è tesa con un sistema di corde e cunei di legno. E’ utilizzato in tre misure differenti nel candomblé, ed è presente anche nel maculelê, una danza di guerra praticata con due corti bastoni. Come è spiegato in seguito, l’utilizzo di questo strumento è piuttosto dibattuto.

L’Agogô

E’ uno strumento formato da due campane coniche unite da una forcella. Anche se in Facchin 1989:15 si dice che sono normalmente intonate ad un tono di distanza, quelle che ho suonato/ascoltato erano generalmente intonate ad una quarta l’una dall’altra8. Vengono percosse con una bacchetta di legno o metallo.

Il Reco-reco (o Ganzá)

E’ generalmente costituito da una sezione di bambù piuttosto grande (da nodo a nodo). Si presenta con una serie di tagli perpendicolari alla lunghezza dello strumento, sui quali viene sfregata una bacchetta ottenendo un suono di “grattugia”. E’ lo strumento che più facilmente viene omesso.

 

 

La voce

“Amici, perché non cantate?

La capoeira è bella solo giocando e cantando,

ed ha perso la sua bellezza perché non canta”

(Pastinha 10b,1-6)

La voce nella capoeira è tanto personale quanto i movimenti di ciascuno, si è sempre incoraggiati a cantare, qualunque sia la propria intonazione. Non ho mai sentito fare nessuna osservazione sull’intonazione di un coro o di un solista, ma sempre e solo sull’energia, sull’axé9. George, un mio professor, una volta ha detto: “dovete cantare sempre, magari avete una voce sottile ma che si adatta, oppure una voce grossa, ma che non c’entra niente… non dovete essere timidi, dovete cantare, ma non dovete neppure cantare così (imitando una voce impostata)”. Mi è sembrato che i capoeristi brasiliani non educati musicalmente (in senso “occidentale”) manchino completamente della nozione di “stonato”, ed anche qualora qualcosa venga percepito come tale, si adduce la sgradevolezza a motivi timbrici. Un buon coro è un coro che canta con entusiasmo; in roda ho sentito alcune delle cose più raggriccianti che un orecchio europeo possa concepire senza che nessuno ci facesse caso, e quando anch’io mi sono messo di proposito a cantare intervalli casuali non sono mai riuscito a suscitare reazioni nei miei vicini di cerchio. Molto spesso, per le differenze di registro dei capoeristi che le compongono, nel coro avvengono armonizzazioni spontanee (quarte o quinte, generalmente), che non sono né incoraggiate, né osteggiate. Vi sono, è logico, cantanti più considerati di altri, e che più spesso fanno da solisti; in alcuni grandi gruppi è addirittura emersa la figura del cantante ufficiale, un capoerista che raramente si vede giocare, ma che diventa l’emblema “canoro” del gruppo.

La vocalità del capoerista viene da influenze eterogenee: se nella registrazione di Bimba sentiamo una voce prettamente africana, di chi ha imparato a cantare nel candomblé o nel samba de roda, mestre Caiçara cantava come un cantante di serenate quale era, mestre Boa Gente cantava nelle balere (e conosce una consistente parte del repertorio di Bobby Solo!)… Oggi i capoeristi giovani cantano con inflessioni reggae, raggamuffin o pagode, e tutto questo è accettato: l’unica considerazione negativa che ho spesso sentito fare, principalmente riguardo a capoeristi del sud o stranieri, è una certa “quadratezza”, una rigidità nel fraseggiare.

Naturalmente l’approccio non è dappertutto così spontaneo, vi sono gruppi che hanno degli standard molto severi e molto precisi anche dal punto di vista musicale e per quanto riguarda le voci.

Un aspetto molto importante oggigiorno è la grande circolazione di Cd di capoeira, che hanno reso “star” certi gruppi e certi cantanti, creando dei modelli di riferimento staccati dalla roda e dalla cultura popolare locale.

“(Cantare) è dovere di tutti i capoeristi, non è un difetto non saper cantare; ma è un difetto non saper rispondere, almeno i cori. E’ proibito che nella bateria vi siano persone che non rispondono al coro.” Mestre Pastinha (11a,4-10)

L’orquestra

L’orquestra (o bateria o xaránga) è l’insieme degli strumenti utilizzati in una roda. La sua composizione è piuttosto variabile.

Nella capoeira Angola, oggi, vi è un ortodossia abbastanza rigida, che prevede:

3 berimbau (gunga, medio e viola)

2 pandeiros

1 atabaque

1 agogô

1 reco-reco

Molte scuole hanno anche un ordine preciso in cui disporre gli strumenti, in ogni caso i berimbau stanno sempre uniti.

Questa composizione dell’orquestra è da molti gruppi di Angola ritenuta condizione necessaria al buon andamento della roda ed è considerata la più tradizionale.

In realtà è sufficiente un minimo d’indagine per scoprire come le cose fossero un tempo ben più flessibili.

Da un lato lo stesso mestre Pastinha, creatore forse inconsapevole di questa ortodossia, nei suoi taccuini si lamenta che non esistano più suonatori di viola10 che vogliano accompagnare le rode di capoeristi, esiste anche una foto11 che mostra un chitarrista nell’orquestra di una roda. D’altra parte, i vecchi angoleiri sono concordi nel giudicare un fatto recente e negativo l’introduzione dell’atabaque, pur trovandosi solo in parte d’accordo sulla composizione del resto dell’ensemble:

“La capoeira anticamente era (fatta con) due pandeiros, due berimbau ed un agogô. E’ oggi che c’è il tamburo nella capoeira. Un tamburo, per chi non conosce è già candomblé… Il tamburo nasconde gli strumenti”

Waldemar ”La bateria della capoeira ha tre berimbau… Adesso con questa nuova moda è apparso l’atabaque. Ma erano tre pandeiros, tre berimbau e un reco-reco, c’era anche l’agogô.

Canjiquinha: ”La capoeira autentica è proprio con due berimbau e due pandeiros. Poi per disturbare, per fare confusione, hanno messo l’atabaque…” 12

Waldeloir Rego ci dice che l’atabaque non è più in uso e che inoltre non ha mai visto il reco-reco utilizzato nella capoeira (1968:85,87).

Da queste testimonianze osserviamo anche che neppure i tre berimbau, oggi così intoccabili, erano considerati un punto fermo. Di nuovo bisogna prendere atto che molte tradizioni parallele a quella di mestre Pastinha sono state assorbite da questa o si sono estinte.

Decanio Filho sostiene che: “L’atabaque, formalmente condannato dal mestre Bimba , durante tutto il tempo in cui ho frequentato la sua roda, fu introdotto da mestre Pastinha e usato successivamente dai gruppi folcloristici, a partire da Camisa Roxa, Acordeon, Itapoan13, ecc. per enfatizzare l’“africanità” originale”.

Chiaramente appena si esce dall’ambiente delle scuole più intransigenti, vi è una maggior elasticità; nel Grupo Angola Palmares, fondato dal mestre Nô, mi sono sempre sentito elencare gli strumenti dell’orquestra come da “tradizione”, ma ho visto usato il reco-reco molto raramente.

Da più di un maestro in effetti, in confidenza, mi sono sentito dire che non è certo per la mancanza di uno strumento che la capoeira si ferma.

Per quanto riguarda la Regional, l’ortodossia stabilita dalla registrazione di Curso de Capoeira Regional di mestre Bimba è di un solo berimbau e due pandeiros14. Questo minimalismo è stato oggetto di vari tentativi di spiegazione.

Spesso si è cercata giustificazione nelle parole del mestre sulle capacità educative del berimbau, la cui vibrazione sarebbe necessaria al capoerista per l’apprendimento; da qui la preoccupazione che il suono dell’arco musicale “maestro” non sia coperto né da altri berimbau né da altri strumenti, esclusi i tamburelli.

Nenel, figlio di Bimba, mi ha detto: ”Sono quarant’anni che suono il berimbau e non sono bravo nemmeno la metà di quanto lo era mio padre, era già difficilissimo trovare un suonatore che gli fosse pari, figurati trovarne tre!”. Anche se questa affermazione può sembrarci eccessiva, può comunque portarci a considerare che mestre Bimba, quando non suonava, era solito utilizzare suonatori professionisti, ottimo motivo per ridurne il numero. Nelle roda della sua scuola a cui ho assistito, Nenel ha sempre suonato il berimbau, senza mai cederlo ad altri.

Va sottolineato inoltre che questa formazione ristretta, quella che è passata ai posteri come caratterizzante per la capoeira Regional, si è sviluppata solo tardivamente o non era ritenuta particolarmente vincolante, dal momento che il quotidiano Estado da Bahia il 30/6/’36 scriveva: “La dimostrazione di capoeira si terrà la notte del I giugno, alle 22… Sarà officiante dell’interessante lotta il famoso professor di lotta Regional Manoel dos Reis Machado… Le dimostrazioni saranno tenute al suono di 2 berimbau, 3 pandeiros e 1 ganzá”.

Albano Marino de Oliveira nel 1958 (op. cit.) ci presenta due trascrizioni di ritmi ascoltati nella scuola di mestre Bimba: entrambe presentano due berimbau.

Nel mio periodo di permanenza in Brasile, pochissime delle scuole che si definivano di Regional usavano questo tipo di bateria, preferendone una simile a quella degli angoleiri (senza reco-reco). Va sottolineato che in questi casi, generalmente, anche i ritmi suonati non corrispondono a quelli di Bimba.

Questa situazionesembra dovuta all’emigrazione della capoeira verso il sud del Brasile, dove molti insegnanti hanno cominciato ad insegnare sia Angola che Regional, spesso venendo dalla capoeira da show (musicalmente legata più che altro all’Angola) .

Accade così di trovare gruppi che si dicono di Regional, sono tecnicamente capoeristi da show e cantano canzoni di provenienza variabile su dei ritmi d’Angola.

1 “Berimbau da stomaco” è il nome completo del berimbau, che altrimenti può essere confuso con lo strumento a noi noto come “scaccia pensieri”.

2 J. Lowell Lewis suggerisce si tratti di ”Rollinia deliciosa o Annona lanceolata”, ma non ho incontrato notizie certe

3 Mestre Pastinha nel suo libro parla di 150 cm, ma nell’intervista a Shaffer parla di 120 cm o 110 cm.

4 Traduco palmi letteralmente, ma suppongo si tratti di spanne.

5 D’ora in poi parleremo solo di pedra, sottintendendo il fatto che potrebbe trattarsi anche di una moeda.

6 Mestre Bimba in un’intervista rilasciata al quotidiano Diário da Bahia del 13/3/36, dice: ”Al suono del berimbau, due capoeristi che tentano di impossessarsi della fascia di campione, non possono confrontare le proprie forze…”. Come fa notare Abreu (1999:73), è chiaro che queste opinioni erano influenzate dall’allora diffuso costume dei vale tudo, lotte senza regole. Quando suonano gli strumenti musicali si ha una roda e quindi un galateo da rispettare. Il rifiuto del berimbau in certe situazioni, aggiungo io, va visto come una forma di rispetto per lo strumento, che non va “sporcato”.

7 Nome dato ai ritmi di berimbau.

8 Nella trascrizione fatta da J.B.Colmenero in Pastinha, 1964:43, le due campane sono intonate ad una terza maggiore di distanza

9 Energia cosmica, spirituale che permea tutte le le cose.

10 In questo caso non si tratta del berimbau più acuto, ma di una piccola chitarra a cinque corde doppie, un tempo piuttosto diffusa nello stato di Bahia. Mestre Pastinha nei suoi manoscritti dice: “Parlando di capoeira, non ho mai più visto giocare con la viola, perché? Ci sono suonatori, ma hanno perso l’amore per questo sport, hanno cambiato idea.” (1b,19-22)

11 Posseduta da Frede Abreu.

12 Quando non viene altrimenti specificato, le testimonianze dei mestre anziani sono tratte dal progetto Câa-puera, una serie di interviste in videocassetta che per problemi di diritti non sono mai state pubblicate.

13 Tutti allievi di mestre Bimba!

14 In verità nel disco io sento solo un pandeiro, e senza sonagli; nell’accademia di mestre Bamba, una di quelle che più si vogliono fedeli alla tradizione, usano in effetti togliere i sonagli dai pandeiros.

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